Questa nota vuole essere la continuazione e
conclusione della precedente: http://rcgtassone.blogspot.it/2013/04/riflessioni-sul-momento-politico-i-parte.html
Un clima pesante è calato sul paese; la capacità di
ricostruire e rinnovare questo sistema politico non è più solo una necessità
inerente alla salvezza di questo partito, ma è ormai una questione di tenuta
democratica, istituzionale e sociale del paese. Dopo avere demolito, ammesso
che si riesca a demolire, che cosa si può fare? Che cosa fare, dunque, una
volta sgomberate le macerie? Quale deve essere l’approdo di questo percorso?
Che tipologia di partito abbiamo in mente?
Infatti, deve essere chiaro che il problema NON si limita
all’inadeguatezza di una classe dirigente che permane da un ventennio, del
tutto incapace di interpretare la realtà degli anni 2000. Il problema è che
tale classe dirigente è il prodotto di un sistema di partito che, fino dal
livello fondamentale, l’ha difesa ed alimentata, spesso senza esercitare quel
controllo democratico necessario per evitare le degenerazioni; è su questo
terreno che essa ha prosperato. La sfida, quindi, non è solo di sostituire una
classe dirigente con un’altra, che magari di questa è figlia e si atteggerà
nello stesso modo, così che cambi tutto per non cambiare nulla, ma di ripensare
il concetto stesso di partito, la sua forma, la sua concezione, la sua
struttura fin dai livelli più fondamentali.
E’ su questo, credo, che molti abbiano idee differenti ed
occorra quindi molta chiarezza. Cercherò di tracciare un breve identikit del
mio partito ideale, sperando che possa costituire uno spunto per costruire una
proposta complessiva di ricostruzione dello stesso, attraverso la quale
comprendere chi realmente crede in un partito diverso, oppure chi, sotto le
insegne dell’innovazione, cela una reazione di conservatorismo politico.
·
Circoli, tessere e segretari. La nostra ex-segretaria provinciale,
il giorno successivo alle elezioni di febbraio, ha dichiarato che, con le
nostre modalità comunicative, siamo “fuori dalla Storia”. È una delle poche
cose su cui sono d’accordo con lei. I problemi del nostro partito nascono “dal
basso”, dalla difficoltà di rendere funzionale una struttura locale, costruita
su un modello novecentesco di organizzazione del consenso, del tutto inadeguato
per interpretare la realtà contemporanea. I circoli, intesi come “sedi fisiche”,
sono sempre meno frequentati e, nonostante lo sforzo mirabile dei “militanti”,
diventano sempre più spesso delle stanze vuote, sempre più difficili da tenere
aperte sotto il profilo economico e logistico. I volantinaggi sono poco
incisivi, quando si tratta di voto d’opinione, laddove prevalgono altri canali
comunicativi (la TV, il Web, ecc.) che non siamo mai stati in grado di
utilizzare in modo efficace. Le nostre direzioni sono stanchi rituali in cui
una serie di delegati, eletti diversi anni prima, pronunciano uno dopo l’altra
frasi fatte in cui non dicono nulla e gli interventi dei non membri, che in
genere sono coloro che si sono affacciati più di recente alla vita del partito,
vengono relegati in fondo alla lista degli interventi e, mentre a questi ultimi
viene segnato il tempo anche prima della scadenza, ai “notabili” è accordato tutto
il tempo che richiedono. Le tessere non sono più considerate un marchio
d’orgoglio, ma, ahimè, anche a causa del discredito che investe oggi le forze
politiche tutte, una sorta di “marchio d’infamia”: la gente si rifiuta di
tesserarsi e gli iscritti sono sempre di meno, così che viene meno il controllo
democratico, al punto che il partito passa in mano ai “signori delle tessere”
che non rappresentano più altri che sé stessi. Purtroppo anche i Segretari,
spesso, faticano a porsi come i garanti del funzionamento del partito su un
territorio; frequentemente accade che non vengano selezionati in base al merito,
ma in base agli accordi fra gruppi politici e non è raro che la loro posizione
diventi uno strumento per acquisire visibilità e potere, venendo però difesi strenuamente
da una parte dei loro iscritti in quanto sono, comunque, “il segretario”.
Ahimè, credo che sia ora di affrontare
la realtà, ossia che questi circoli, così concepiti, oggi, non rappresentano
più nessuno. Un circolo del PD con poche decine di iscritti, su un territorio
magari di decine di migliaia di persone, sarà conosciuto, da quanti? Il 10%
della popolazione? Quanti sapranno chi sono i dirigenti di quel Circolo? Quando
i cittadini votano, lo fanno sulla base dell’azione del partito sul territorio,
o sulla base di quello che sentono ai telegiornali? I Circoli, in molti casi, sono
ancora meno rappresentativi degli eletti, che, a loro volta, sono già per lo
più conosciuti.
E’ quindi chiaro che quella che
chiamiamo “base” difficilmente più essere, senza un’adeguata riforma della
struttura del partito, la soluzione del problema. Ci si trova in un sistema che
induce ad odiare il proprio compagno di partito, il proprio dirigente,
piuttosto che l’avversario dell’altro partito. Spesso (esperienza personale) le
riunioni di partito degenerano in un tripudio di insulti da parte dei dirigenti
a singoli iscritti o eletti.
Ed allora, come possiamo rifondare il
partito per superare queste criticità? Io ho alcune idee che provo a buttare
lì. Ritengo che il tesseramento, come lo conosciamo, debba sparire, sostituito
da un modello di adesione molto più leggero, come un registro degli aderenti
cui ci si può iscrivere con grande facilità (anche sul web). La tessera
“pesante” può rimanere per coloro che vogliono assumere delle cariche
dirigenziali o istituzionali, con delle regola stringenti di accesso alle
stesse. Le sedi fisiche non dovrebbero più essere necessarie, dovrebbero essere
ridotte di numero e, quelle che restano, essere trasformate in qualcosa di
molto diverso, ad esempio dei circoli ricreativi, culturali o sportivi. Deve
rimanere un livello di rappresentanza territoriale con una configurazione,
però, assi più snella. Si può immaginare di convocare assemblee pubbliche con
scadenze regolari, in luoghi significativi del territorio, chiedendo ai
partecipanti un piccolo contributo per l’affitto dei locali. Per quanto
riguarda le decisioni politiche delicate, si potrebbe istituire una sorta di
direttivo con un coordinatore, eletto però non ogni 3 anni, ma per periodi
assai più brevi (ad esempio 6 mesi/1 anno), tramite il voto dell’assemblea degli
aderenti, anche sul web (magari implementando un servizio di assistenza a
beneficio di chi non è in grado di usarlo).
Importanza delle Persone. L’altro aspetto che, nel contesto sopranzi descritto,
risulta critico è il ruolo delle “persone” all’interno del partito. Il partito
non è un’entità astratta, sia pure una “comunità” come molti amano chiamarla,
che vive di vita propria a prescindere da coloro che lo compongono, ma è,
appunto una rete di persone. Nella concezione tradizionale, il “partito” è più
importante delle persone e deve prevalere su di esse, facendo finta di
dimenticarsi però, che il partito è diretto da persone e, quindi, mettere
davanti a tutto il “partito”, significa solo mettere davanti a tutto le persone
che in quel momento (e a quel punto, probabilmente, per sempre) sono alla guida
dello stesso. E’ chiaro che qualcosa non funziona!
In questo contesto, è evidente che finisce
per far carriera il “funzionario di partito”, colui che ha costruito la propria
carriera occupando piccole o grandi posizioni dirigenziali nel partito, all’ombra
del segretario o del capo di turno. Se per “politici di professione” si intendono
queste figure, in grado di rappresentare nessuno, allora ha ragione l’opinione
pubblica a chiedere di mettere alla gogna i “politici di professione”. Ben
diverso è il profilo del politico che ha fatto carriera nelle amministrazioni,
cimentandosi, via via, in sfide elettorali più complesse, capace di interpretare
la realtà che lo circonda e, soprattutto, di incanalare consenso. Ed è proprio
da queste persone che bisogna ripartire. Dobbiamo selezionare la nostra classe
dirigente in base alla capacità e competenza nell’amministrare la cosa pubblica
ed alla capacità di suscitare consenso nell’elettorato. Ripartiamo dalle “persone”
del partito invece che dal partito in astratto. Queste sono alcune delle
ragioni che mi hanno indotto a scegliere di sostenere Matto Renzi alle ultime
Primarie, una delle uniche personalità in grado di poterci garantire un futuro.
Disciplina\ragione di partito. Su questo credo di avere già detto molto. La mia visione è
quella di un partito plurale, in cui coesistono sensibilità diverse ed il
dissenso è considerato una ricchezza, anziché il marchio dell’infamia. Il “Centralismo
Democratico” in tutte le sue forme deve tramontare, così come gli “ordini di
scuderia” e simili amenità.
Dobbiamo passare dalla “disciplina di
partito” alla “disciplina della ragione”, in cui il singolo iscritto od eletto
non opere le scelte in base ad un’astratta “appartenenza”, ma sulla base
dell’etica, del buon senso e soprattutto di quella straordinaria e, forse,
unica grande qualità della nostra specie: la ragione umana.
Può sembrare ingenuo o retorico, ma
credo che il ritorno all’uso della ragione sarebbe oggi la più grande
rivoluzione della politica. Quando un dirigente avanza una proposta deve
sforzarsi di comprendere tutte le implicazioni e le conseguenze di quella
proposta e deve portarla avanti secondo un percorso logico e di condivisione
che possa condurre ad un risultato apprezzabile dalla maggior parte delle
persone che rappresenta. E se qualcuno non se la sente di condividere quella
scelta, se la decisione è maturata in modo razionale, può dissentire cercando
un modo razionale per non provocare troppo danno, senza venire additato come
“traditore” ed espulso!
Congresso. In
tutto questo delirio il congresso si approssima. Non sfugge all’accortezza di
nessuno, che esso costituirà l’ultima grande chance per salvare questo partito.
Ebbene, l’unico modo per garantire che esso possa sopravvivere è assicurarsi
che il congresso abbia le seguenti caratteristiche:
- Aperto e contendibile: Le Tessere devono semplicemente sparire, non devono avere alcun peso
nella competizione. Devono poter votare TUTTI e così deve essere a TUTTI I
LIVELLI: Nazionale, Regionale, Federale e, soprattutto, di Circolo. Non dovrà
essere imposto alcun tipo di regola, di limitazione, di passaggio burocratico
per la partecipazione (come accaduto alle primarie, recando, a mio avviso, il
germe della nostra sconfitta).
- Filtro: Occorre
trovare un modo per fare sì che la vecchia nomenklatura non possa più
presentarsi in nessuna forma, altrimenti non vi sarà vero rinnovamento.
Se il Congresso avrà queste caratteristiche, si potrà ancora
salvare il CS, altrimenti, sarà la fine…
R. C. G. Tassone
Capogruppo PD Circ. 8
Tesoriere Federale dei Giovani Democratici di Torino